Un lavoro al limite dell’illusionismo dai tanti rimandi metafisici. David e Mario Batignani nello spettacolo “Assolutamente solo” sfidano le logiche dell’identità e senza accennare a una trama, né a una drammaturgia, presentano uno studio sulla relazione padre-figlio, all’insegna dello sdoppiamento e dell’ambiguità. I generi che dialogano sul palco sono molti e tutta la prima parte dello spettacolo è affidata a una serie di trasformismi, oltre una tenda rossa, che ricorda le performance dei maghi da circo o le tende da cabaret. Le parole lasciano spazio ai gesti, alla mimica, a travestimenti realizzati in un lampo, a rituali quotidiani improvvisati per rompere la solitudine: vestire un manichino, accendere la radio, incappucciarsi, nel tentativo di animare gli oggetti. Il gioco di specchi si svela nella seconda parte quando il figlio indossa i panni del padre davanti al pubblico, esibendosi nel trucco e nella preparazione. Come i bambini che giocano a fare gli adulti, almeno finchè continuano a vederli come modelli. Un camerino sul palcoscenico da cui non escono personaggi, ma che raccontano una relazione, una complicità, una guerra.
Un legame che non si sceglie come un abito da indossare, ma che ci viene dato e che ha sempre un peso. Non mancano effetti speciali, citazioni, rimandi alla lirica - in sottofondo ci sono le aree della Traviata «Se in me speme non fallì, Dio m'esaudi'!» - ma il dramma si mischia allo scherzo e a un linguaggio clownesco che richiama l’applauso del pubblico. Non è una pièce vera e propria, ma piuttosto una visione, un sogno, un film muto post moderno con una coppia in frak che si emula giocando, un canto malinconico “sangue del mio sangue”. La somiglianza è un calco della natura, un’eredità sull’epidermide, un marchio che non ammette trucco. Il richiamo al tema della solitudine suona provocatorio in questo show minimo di intrattenimento, che affida ai giochi di trasformismo un messaggio esistenziale profondo. Si può essere assolutamente soli, ma non esistono padri senza figli o figli senza padri. L’ironia vince sempre? Chiedetelo agli attori.