La critica

ROSSO VERDE BIANCO

Con “Rosso Verde Bianco” di Ats Gualchiera, il pubblico ha riscoperto il sapore di valori da troppo tempo dimenticati. Il 150esimo anniversario dell'Unità diventa un momento per veicolare messaggi forti, che danno nuova vita a sentimenti per troppo tempo nascosti nei cuori di ognuno di noi; i veri protagonisti di questo spettacolo, infatti, sono i pensieri e gli scritti dei patrioti di metà Ottocento, che accompagnano la platea dall'inizio alla fine della pièce: Daniele Griggio, Irene Biancalani e Susanna Baldi prestano le loro piacevoli voci alle letture provenienti dalla rielaborazione e dallo studio di testi di grandi uomini del nostro Risorgimento come Silvio Pellico, Ugo Foscolo, Giuseppe Verdi e Garibaldi. In scena un giovane, che si presume essere una prosopopea dell'Italia prigioniera e succube dello straniero, che nel corso della rappresentazione compone la bandiera dell'Italia utilizzando dei nastri prima di colore rosso, poi bianco ed infine verde. Ogni colore si lega a una voce narrante, che veicola temi quali il progresso, l'onore, la nefandezza dei capi di Stato corrotti e ingiusti, il coraggio dei patrioti durante i moti risorgimentali; solo quando tutti e tre i nastri saranno stati legati ad un apposito supporto e il tricolore sarà finalmente formato, le catene del giovane cadranno e lui sarà finalmente libero. Libero ma solo, dimenticato da tutto e da tutti: la personificazione dell'Italia alla fine della performance si offrirà al pubblico quasi crocifissa e urlerà il famoso “Perché mi hai abbandonato?” di matrice evangelica che, in maniera liberatoria, viene gridato da una Nazione esausta, in fin di vita, che, nonostante il sangue e il sudore dei suoi patrioti, si ritrova ora dimenticata dai suoi stessi cittadini. C'è da riconoscere ad Armando Sanna, Pasquale Scalzi e Aldo Gentileschi il merito di aver creato un progetto di cui tutti avevamo bisogno, in un momento in cui ci riempiamo la bocca con le guerre per l'Unità e le fatiche dei nostri avi ma non comprendiamo effettivamente quanto questi sacrifici siano necessari ancora oggi; questo spettacolo ci rimprovera, ci fa uscire a testa bassa, consapevoli di aver dimenticato i valori che un tempo infuocavano gli animi di quelli che davano un significato vero alla parola “Italia”. Nonostante credo possa essere consigliato a tutti quelli che vogliono risvegliare il loro ardore e riflettere sulle gravi mancanze degli italiani del nostro tempo, il pubblico è uscito dalla sala non completamente convinto, forse perché, nonostante i messaggi più che pregevoli veicolati dal palco, la performance appare troppo spesso stagnante e priva di una reale vivacità, cosa che la relega quasi al pari di una lettura pubblica, di un semplice reading, visto che l'aspetto visivo presto diventa solo uno sterile espediente per riempire la scena, cosa che a lungo andare ha fiaccato l'entusiasmo della platea.

Elia Frosini