Spettacolo
10/13 novembre 2011 | feriali ore 21.00, festivo ore 16.00 | Fabbricone
SARABANDA
di Ingmar Bergman
traduzione Renato Zatti
scene Daniele Spisa, Massimo Luconi
costumi Sabrina Chiocchio
musiche originali Mirio Cosottini
progetto luci Roberto Innocenti
con Giuliana Lojodice, Massimo De Francovich,
Luca Lazzareschi, Clio Cipolletta
regia Massimo Luconi
produzione TEATRO METASTASIO STABILE DELLA TOSCANA / FONDAZIONE ISTITUTO DRAMMA POPOLARE DI SAN MINIATO
Ingmar Bergman, uno dei maestri indiscussi del cinema mondiale, trova la sua grandezza di autore contemporaneo nella perfetta drammaturgia e nella purezza della scrittura di un cinema che può essere teatro e viceversa; come dimostra questo capolavoro degli addii che è Sarabanda, ultimo lavoro del maestro svedese, realizzato nel 2003 (un progetto pensato sia per il teatro che per il cinema, come afferma lo stesso Bergman).
In un percorso drammaturgico, in cui si coagula e si riconosce chiaramente l'esperienza biografica, Bergman "viviseziona" magistralmente i suoi personaggi, soffermandosi sul tormentato rapporto genitori-figli, tema già sviscerato in parecchi dei suoi lavori.
Tutto è condotto sotto l'ombra della tragedia in Sarabanda; Bergman, ancora di più dei suoi riferimenti stilistici, che sono chiaramente il grande teatro di Ibsen e Strindberg, è spietato nell'analizzare il mondo delle relazioni umane e familiari. Le relazioni sono figlie di un disamore che nasce dall'impossibilità di amare come dato esistenziale e storico-sociale. Non c'è terapia per la coppia, non c'è ricomposizione d'amore per il rapporto genitori-figli (soprattutto per i padri). Soltanto l'infanzia o la giovinezza si salvano (la giovane Karin, unico personaggio positivo di Sarabanda, attraverso la musica compie il suo viaggio iniziatico verso la maturità).
Per gli altri non rimane che il perdono di sé e l'accettazione dei propri fantasmi.
Trent'anni dopo Scene da un matrimonio, più maturi, più acuti, più crudeli, si confrontano gli stessi personaggi, invecchiati e delusi, incapaci di amare e sopraffatti dal rancore. Ciò che era rimasto fuori da Scene da un matrimonio, e cioè le figure dei figli, è rientrato prepotentemente in Sarabanda ed è come se avesse saldato il conto. Relegati nel fuori campo, esclusi trent'anni prima dalle conversazioni tra marito e moglie, i figli sono diventati essi stessi anime, che chiedono di essere ascoltate.
Sarabanda è un’opera magistrale sull'autismo dei rapporti familiari, ma anche un canto appassionato sul dolore per la mancanza d’amore, descritta con toni tanto disperati da suscitare l'effetto opposto, cioè un altrettanto disperato desiderio della ricerca d’affetto e di perdono.
In questo lavoro ci sono alcuni dei temi focali, che Bergman si porta dietro in tutta la sua opera: il mistero dei rapporti familiari, la morte, la ricerca di Dio.
La versione teatrale di Sarabanda in prima esecuzione assoluta per il teatro italiano, conserva quasi integralmente la sceneggiatura originale basandosi su una drammaturgia che seppur scritta per la macchina da presa è perfetta nei ritmi e nelle scansioni teatrali, con una scrittura limpidissima che è nello stesso tempo altissima letteratura e imponente sguardo morale sulla solitudine della nostra società.