Spettacolo

26/ 29 gennaio 2012 | feriali ore 21.00, festivo ore 16.00 | Teatro Metastasio

ELEKTRA

di Hugo von Hofmannsthal
traduzione Carmelo Rifici
scene Guido Buganza
costumi Margherita Baldoni
musiche Daniele D'Angelo
con Elisabetta Pozzi
e con (in ordine alfabetico) Alberto Fasoli, Denis Fasolo, Mariangela Granelli, Marta Richeldi
e Francesca Botti, Giovanna Mangiù, Silvia Masotti, Chiara Saleri, Lucia Schierano
regia Carmelo Rifici

Produzione TEATRO STABILE DEL VENETO

 

Elektra è un “testo poetico”, non è poesia, non è drammaturgia. In questo si allontana terribilmente dalla tragedia ispiratrice: l’Elettra di Sofocle è scritta in una lingua evocativa ed epica, la pietrosità del linguaggio serve ad avvicinare, mattone dopo mattone, le figure dei fratelli fra loro e loro agli spettatori. La lingua del poeta tedesco non evoca perché strabordante, non è metaforica perché il suo contenente è già il suo contenuto. È un linguaggio immaginifico che non deve aprirci ad un mondo sotterraneo perché è già quel mondo. Caso mai la musicalità delle parole (e la musica, elemento imprescindibile) sono la chiave d’accesso all’inferno in cui l’autore vuole condurre lo spettatore. La poesia serve non ad evocare un mondo, ma a rappresentare un luogo connotato dalla sua stessa lingua. Le parole in poesia di Hofmannstahl hanno il compito di scagliare addosso allo spettatore una serie di immagini e suoni atroci e bestiali da condurre immediatamente questo in uno spazio-prigione popolato da mostri, personaggi deformi nel corpo e nell’anima. La vera ispirazione dell’autore, quindi, non va cercata nella Grecia di Sofocle, ma nell’universo poetico di Shakespeare, Elektra assomiglia molto di più ad Amleto che alla sua omonima classica. La poesia è utilizzata da Hofmannsthal per distruggere il concetto di azione. Amleto è il primo grande personaggio moderno intento più a ragionare che a muoversi, il dubbio se essere o non essere sta alla base dell’anelito di Elektra, che vuole uccidere ma non riesce a farlo. L’azione le è negata, buona solo ad immaginare il matricidio ma incapace di agire ella stessa. Un essere impossibilitato ad agire, chiuso in una prigione, così appare in quel tempo a Hofmannstahl l’uomo contemporaneo, e così vede se stesso. Prigioniera Elektra, e non meno di lei la sorella Crisotemide e l’odiata madre Clitennestra, tutte prigioniere della loro stessa follia, nel recinto angusto e isolato del cortile, delle loro angosce, delle loro ossessioni, del cerchio chiuso del loro sangue, smaniose di uscire dal carcere che le separa dal mondo, le esclude dalla vita, di uscire da se stesse e liberare gli incarcerati stimoli vitali.

Ma c’è di più: pur cercando riferimenti e suggestioni per la costruzione del suo testo nei due grandi autori del passato, Hofmannsthal viene soprattutto influenzato dalle grandi scoperte sull’inconscio dell’epoca. Elektra non può essere additata come un’opera di stampo psicologico, però c’è un tentativo dell’autore (forse non consapevole) di costruire una lingua molto vicina a quella che Freud utilizza nell’interpretazione dei sogni. C’è un’incisione psicologica dei personaggi che scopre Elektra coeva allo scandaglio psicologico del tempo. Molto di ciò che era nell’aria della Vienna di fine secolo, Hofmannstahl l’ha trovato negli studi sull’isterismo di Breuer e di Freud, ma le nuove interpretazioni psicologiche e analitiche sulla mente sono accolte dal poeta in funzione di paesaggi, di atmosfere, che per l’affinità di colori si offrissero alla dimora dei propri fantasmi. La Grecia di Hofmannsthal è quindi un’invenzione onirica del poeta, un incubo ossessivo dell’autore, insomma un sogno. O meglio l’analisi antelitteram dei sogni. Per questo ho deciso di ambientare la vicenda in un palazzo “escherianamente” distorto, dove i personaggi, vestiti in abiti manicomiali devono ad ogni parola pronunciata sbugiardare la possibilità di essere personaggi tragici e confermare la tragicità di non sapere più chi essi siano realmente: personaggi che vivono nell’incubo di Elettra, o incubi essi stessi di chi li guarda?

Carmelo Rifici

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28 gennaio 2012, ore 18.00, Teatro Metastasio
INCONTRO CON LA COMPAGNIA
coordina l'incontro Teresa Megale, Presidente Corso di laurea Pro.Ge.A.S. - Polo Universitario di Prato

Ingresso libero

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