Informazioni
Durata 90 minuti senza intervallo
NAVETTA Porta al Serraglio / Fabbricone e Sala Fabbrichino
Per gli spettatori che raggiungono Prato in treno, il Metastasio ha istituito quest'anno un servizio navetta dalla Stazione di Porta al Serraglio al Fabbricone e alla Sala Fabbrichino (andata e ritorno), al prezzo forfettario di 2 euro. Il ticket navetta può essere acquistato on-line (ticka.metastasio.it), congiuntamente all'acquisto del biglietto dello spettacolo, o in biglietteria (via Cairoli 59, dal martedì al sabato 9.30/12.30 e 16.00/19.00).
VENDITA BIGLIETTI:
> http://ticka.metastasio.it
(sconto del 10% circa)
> Biglietteria Metastasio
via Cairoli 59, tel. 0574/608501
> Circuito Box Office
tel. 055/210804
> Tabaccheria Bigi Prato
via Bologna 77, tel. 0574/462310
Listino biglietti
Tipologia biglietto | Costo in € |
---|---|
posto unico INTERO |
17,00 |
posto unico RIDOTTO soci Coop |
13,00 |
posto unico RIDOTTO convenzioni / over 65 |
13,00 |
posto unico RIDOTTO under 25 |
7,00 |
Spettacolo
7/12 febbraio 2017 | feriali ore 20.45, sabato ore 19.30, domenica ore 16.30 | Teatro Fabbricone
Deflorian/Tagliarini
IL CIELO NON È UN FONDALE
di DARIA DEFLORIAN, ANTONIO TAGLIARINI
con Francesco Alberici, Daria Deflorian,
Monica Demuru, Antonio Tagliarini
collaborazione al progetto Francesco Alberici, Monica Demuru
testo su Jack London Attilio Scarpellini
assistente alla regia Davide Grillo
disegno luci Gianni Staropoli
costumi Metella Raboni
costruzione delle scene Atelier du Theatre de Vidy
direzione tecnica Giulia Pastore
accompagnamento, distribuzione internazionale Francesca Corona
organizzazione Anna Damiani
produzione Sardegna Teatro, Teatro Metastasio di Prato, Emilia Romagna Teatro Fondazione
coproduzione con Odéon – Théâtre de l’Europe, Festival d’Automne à Paris, Romaeuropa Festival, Théâtre Vidy-Lausanne, Sao Luiz - Teatro Municipal de Lisboa, Festival Terres de Paroles, théâtre Garonne, scène européenne-Toulouse
con il sostegno di Teatro di Roma
in collaborazione con Laboratori Permanenti / Residenza Sansepolcro, Carrozzerie NOT / Residenza Produttiva Roma, fivizzano27 / nuova script ass. cult. Roma
Quando siamo dentro casa e fuori piove cosa pensiamo dell’uomo che fuori è rimasto sotto la pioggia?
Per un lungo periodo abbiamo trasformato il mondo nella nostra casa di campagna o nella seconda casa al mare: il suo fuori, la sua esteriorità, non era altro che vacanza nel senso più proprio del termine – un vuoto che si apriva dentro di noi, una fuga dall’abitudine, dalla noia e dallo stress della vita che solitamente conduciamo dentro, tra le pareti, a un tempo angosciose e rassicuranti, delle case, tra quelle degli uffici, tra quelle dei cinema e dei teatri; persino la strada e la città, diceva il Benjamin dei Passages parigini, rappresentano dei salotti per il borghese europeo, mentre il suo intérieur si sporge sul mondo come un palco all’opera. Viviamo tutti in quella condizione che, secondo Albert Camus, consiste nello “scambiare la vita interiore per la vita di interni”. Quando vediamo in televisione i profughi sbarcare con i loro mezzi di fortuna sulle spiagge del Mediterraneo la nostra prima reazione è di sconcerto: nel profugo incappucciato che per tutto territorio ha il proprio corpo vediamo insorgere il fantasma di una nuda vita da cui pensavamo di essere usciti, ma la stessa sensazione, lo stesso transfert, ci attanaglia davanti al barbone che dorme all’angolo della nostra strada, al vecchio che arranca con le buste della spesa, alla stessa scoperta, nel barlume di un secondo, della precarietà dei nostri privilegi. Da questi “spettacoli” la nostra intimità si sente minacciata: con la nudità dell’uomo senza casa o senza cittadinanza non abbiamo relazioni, per quanto vicino si possa manifestare è sempre troppo lontano, il suo ingresso nel recinto del nostro spazio ci allontana immediatamente da noi stessi, almeno nell’immaginazione, ci espone nella sua esposizione. Questo cielo che pensiamo ci protegga, verso il quale solleviamo lo sguardo con nostalgia, si rovescia su quell’uomo solo con la glaciale freddezza di una grandinata e in quei momenti non è la sua casa, ma la sua prigione.
Il cielo non è un fondale, nonostante la negazione del titolo, vuole rafforzare il dialogo tra lo spazio della finzione e lo spazio esterno, il reale. È un dialogo sempre più necessario. Respiriamo a fatica l'aria da training e da improvvisazioni della sala prove dove dopo un po’ la vita è altrove. Proviamo a rompere queste pareti. Tutte, non solo la benedetta quarta che ossessiona il teatro, rompiamole come primo gesto, come gesto di ingresso sulla scena. Stiamo fuori di noi. La vita collettiva ci decifra.
“Quando scrivo non ho l’impressione di guardare dentro me stessa, guardo in una memoria. In questa memoria vedo delle persone, vedo delle strade, sento delle parole e tutto questo è fuori di me” ha detto Annie Ernaux in una intervista. L’opera di questa scrittrice ci ha guidato nella nostra indagine, permettendoci di osservare, decifrare e restituire quella continua osmosi tra dentro e fuori, quei continui spostamenti di senso tra quello che noi siamo e quello che ci succede attorno.
